Fiorino Gheza

La storia di Fiorino Gheza
a cura di Aurelio Gheza e della redazione


Fiorino Gheza

Al ritorno dalla prigionia, Fiorino Gheza continua il periodo della ferma militare e viene inviato dal Ministero della guerra con il grado di capitano di complemento a Costantinopoli in qualità di interprete di italiano/russo. Conosceva sicuramente abbastanza bene il tedesco studiato a scuola e anche il francese.

Tornato a Castro in famiglia e alla vita normale è assunto come spedizioniere alla ferriera Franchi Gregorini del paese, attività continuata poi quando la fonderia è diventata Ilva-Alti Forni e Acciaierie d’Italia.

La sua vita post-bellica è stata dedicata, anima e corpo, totalmente al lavoro tanto che tornava a casa non prima delle 22/24.

Se c’era stata qualche dimenticanza, qualcosa da correggere e perfezionare inseguiva in bicicletta a Paratico o a Brescia i convogli dei carri ferroviari che trasportavano le sale montate della fonderia.

Un inverno andando a controllare i sigilli piombati dei carri cadde nelle acque del lago tra una chiatta e l’altra. Inutili le sue invocazioni di soccorso, si è miracolosamente salvato aggrappandosi al timone di una chiatta.

Quel poco tempo libero che si concedeva lo dedicava all’ascesa al convento dei frati Cappuccini di Lovere, sul colle san Maurizio, attraverso la sella di san Lorenzo di Poltragno. Questi “pellegrinaggi” domenicali gli hanno fruttato l’investitura di frate terziario e il saio con relativo cordone ha ricoperto la sua bara durante le esequie in chiesa.

A volte si recava alla tenuta del Mondo nuovo di Volpino, una vigna in comproprietà coi fratelli che permetteva di ricavare il vino per uso famigliare.

Come hobby aveva abbracciato l’arte della pittura e come amante della montagna l’ha ritratta con singolare maestria.

Si aggregava ai miei genitori Camilla e Piero per meravigliose gite in montagna: al Tonale, all’Aprica, a Zone (BS) e in bicicletta, con le strade sterrate di allora, andava a Trento a trovare dei parenti.

Marciatore instancabile ai tempi della II guerra mondiale da Castro è andato e tornato in giornata da Bergamo percorrendo 84 chilometri.

Nell’aprile del 1922 perdeva l’amatissima mamma, Giulia Glisoni, per una polmonite buscata sul traghetto per Pisogne dove si recava per assistere la cugina Celestina partoriente.

Nel marzo del 1938 moriva il papà Gianantonio, ex cassiere con firma della fonderia Franchi Gregorini.

Dopo la morte dei genitori ha sempre vissuto in famiglia con il fratello Italo e la sorella Celestina che si è dovuta sostituire in tutto e per tutto alla mamma.

Dopo il matrimonio dei due, all’età di 60 anni Fiorino si sposa con la messinese Maria Gazzarra, amica della sorella, che non gli ha dato figli.

Voleva molto bene ai bambini. Li accoglieva in casa raccontando loro storie interessanti. E anche con me è stato uno zio estremamente buono di cuore.

È morto di diabete all’ospedale di Lovere nel 1965.

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